San Severino di Centola, nel basso Cilento, è un borgo medievale abbandonato situato sulla sommità di un colle, con la cima bipartita da una sella, la quale divide in due zone l’insediamento in cui si distinguono i ruderi del castello e della chiesa, dall’area in cui vi sono le abitazioni abbandonate dai cittadini.
Il borgo era noto come “San Severino de Camerota”, di cui fu casale per un lungo periodo, mentre dopo il 1861 prese l’attuale denominazione di San Severino di Centola.
Il casale conserva ancora i caratteri architettonici del borgo medievale e lo sviluppo successivo del villaggio conserva tracce dei periodi longobardo, angioino, aragonese, del Seicento, del Settecento e vi sono tracce più marcate dell’Ottocento, mentre le tracce della prima metà del Novecento sono legate all’ultimo periodo di vita di San Severino con l’abbandono da parte degli abitanti e alla sua progressiva “distruzione”.
Il colle venne scelto per la sua posizione strategica di difesa e di controllo del territorio, infatti i due strapiombi rocciosi che si affacciano sulla “Gola del Diavolo” rendevano, prima la torre quadrata e poi il castello, inaccessibili da due lati, mentre gli altri passaggi erano salvaguardati dalla cortina di abitazioni che erano costruite in maniera tale da costituire una barriera simile a quella delle mura, le quali considerata la morfologia del luogo che non forniva spazi ampi per effettuare delle manovre militari di attacco, potevano essere sostituite dalla cortina edilizia, con il lato esposto verso la vallata con poche e piccole aperture, per cui l’abitato stesso costituisce “lo Muro”, il limite fisico tra la residenza e la campagna, realizzando un sistema difensivo mimetizzato dalle abitazioni.
Il complesso più antico, costruito nella zona più alta e arroccata del colle sullo strapiombo della “Gola del Diavolo”, probabilmente risale al X-XI secolo.